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Etichette più trasparenti per il latte

Latte fresco

 

Etichette più trasparenti per il latte, è scattato l’obbligo di indicarne l’origine. Entra in vigore l’obbligo di indicare l’origine di quello a lunga conservazione e dei suoi derivati. Ma ancora un terzo della spesa degli italiani resta anonima.

E’ entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del latte e dei prodotti lattiero-caseari prevista dal decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n.1169/2011 firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio 2017. Un’altra “battaglia” vinta portata avanti dalla Coldiretti che pone l’Italia come il più grande importatore mondiale di latte: finora dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare fino ad ora magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori.

L’assenza dell’indicazione chiara dell’origine del latte a lunga conservazione, dei formaggi o dello yogurt non ha consentito di conoscere un elemento di scelta determinante per le caratteristiche qualitative, ma impedisce anche ai consumatori di sostenere le realtà produttive nazionale e con esse il lavoro e l’economia del vero Made in Italy.
L’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del latte in etichetta conclude dopo quasi un anno un percorso iniziato il 31 maggio 2016 a Milano quando nell’ambito della giornata nazionale del latte organizzata dalla Coldiretti l’allora premier Matteo Renzi annunciò di aver trasmesso il decreto sull’etichettatura del latte alla Commissione Europea. L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004.

Da allora molti risultati sono stati ottenuti anche in Europa, ma l’etichetta non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi al concentrato di pomodoro ai sughi pronti, dai succhi di frutta fino alla carne di coniglio. Due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero senza indicazione (in attesa dell’ok di Bruxelles al decreto per l’introduzione dell’etichetta d’origine), come pure i succhi di frutta o il concentrato di pomodoro dalla Cina o il pane.

Il prossimo passo è l’entrata in vigore dell’obbligo di indicare l’origine del grano impiegato nella pasta come previsto nello schema di decreto che introduce l’indicazione obbligatoria dell’origine del grano impiegato nella pasta condiviso dai Ministri delle Politiche agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda che dopo la mobilitazione della Coldiretti hanno annunciato anche un analogo decreto per il riso.


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