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Anche se non si può parlare propriamente di un “prodotto stagionale”, la Cagnina è un vino che dà il meglio di sé in gioventù, ovvero quando è fresco di vendemmia. Questo è dunque il periodo migliore per gustare uno dei vini più caratteristici e amati del territorio Romagnolo. In realtà, pare che la sua origine sia da rintracciare dall’altra parte dell’Adriatico, nelle assolate terre dell’Istria.
Sembra infatti che i Bizantini, in comando del potente Esarcato di Ravenna, importarono dai Balcani non solo le pietre calcaree per costruire le splendide basiliche e i mausolei che tuttora adornano il ravennate, ma anche i vitigni a bacca rossa del “Refosco”, che localmente è anche noto come “Terrano”.
Indicazione vuole infatti, che la Cagnina sia composta per almeno l’85% delle uve proprio dal “Terrano”. Tale regolamentazione, unitamente ad altri disciplinari di produzione, sono valse alla Cagnina la prestigiosa etichetta DOC (Denominazione di Origine Controllata). La vinificazione dell’autentica Cagnina di Romagna è consentita per legge soltanto nei distretti di Ravenna e Forlì-Cesena.
Malgrado si tratti di un vino rosso, la Cagnina è, in un certo senso, un vino un po’ atipico: il caratteristico aroma vinoso prelude infatti a un sapore che, come per altri vini rossi, risulta tannico e acidulo, stemperato però da un’insospettata e corposa dolcezza
Il retrogusto asprigno, quasi mordente, è forse la causa del nome: “cagnina”, ovvero “di cane che morde”, come a voler suggerire che il sapore denso e dolciastro potrebbe improvvisamente “mordere” alla testa, perché la Cagnina è un vino forte, robusto e intenso.
In virtù del suo gusto, e della sua impronta “stagionale”, la Cagnina è tradizionalmente accostato alle caldarroste, per un’ideale fine pasto autunnale. Non è raro tuttavia, né scorretto, vederlo abbinato a formaggi, primi piatti di carne, grigliate miste e, per chi lo ama davvero, persino ai dolci…
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