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Osteria di Confine, un ristorante dove tutto richiama la Romagna

Osteria di Confine - San Giovanni in Galilea

 

Sulle colline del cesenate, nel borgo di San Giovanni in Galilea, proprio sotto i resti del torrione e della rocca Malatestiana, costruita sopra uno sperone roccioso a 447 m d’altezza, si trova l’Osteria di Confine.
Un luogo intimo e tranquillo, nel quale respirare l’aria di frontiera e la cultura di confine. Sì, perché, come ci spiega il titolare, Denis, ci troviamo sulla linea di demarcazione tra le due Romagne, “quella dello squacquerone e quella del raviggiolo, quella del cassone e quella del tortello alla lastra. In più qui passa il 44° parallelo e sotto la mia cucina c’è una grotta che durante la Seconda Guerra Mondiale faceva parte della Linea Gotica e serviva come rifugio agli abitanti della zona”, aggiunge. “Non da ultimo, dopo San Giovanni in Galilea non c’è più niente, finisce la strada”.

L’Osteria di Confine rappresenta un luogo particolare e unico nel suo genere, con il pavimento in cotto, i muri di pietra, il tetto in legno e tavelloni. In estate i tavolini si estendono lungo il viottolo del borgo, facendoci sentire parte di questa piccola comunità. Questa antica cittadina di meno di 60 abitanti, nella quale  ci si sente sospesi nello spazio e del tempo, è facilmente raggiungibile. Dista infatti solo 12 km dalla via Emilia. Il cosiddetto “confine” è quindi più facile da raggiungere di quanto sembri.

Ne è stato colpito Denis, originario di Montebello (RN), con una lunga esperienza nel mondo della ristorazione.
“A 14 anni facevo il cameriere al noto ristorante Pacini”. Oggi gestisce vari locali, tra cui l’Osteria di Confine, un ex circolo Arci che, nel 2016,  ha trasformato nel suo luogo del gusto. Uno spazio nel quale valorizzare le materie prime e i vini di qualità del territorio, le ricette tradizionali, la cucina romagnola, non senza qualche rivisitazione.
“Prendete la cantarella”, spiega Denis. “In passato era il dolce dei poveri. Qui all’osteria giochiamo con questa tradizione abbinandola a pere, formaggio di fossa e miele o pure proponendola come antipasto con caprino e asparagi. Si tratta sempre di una cantarella ma la interpretiamo e valorizziamo in modo diverso. Oppure le tagliatelle. È la ricetta classica romagnola, seguita a mano da una sfoglina, ma le prepariamo con la farina senatore Cappelli e le abbiniamo a un ragù di bovino e mora romagnola”.

Per il patron dell’osteria è importante cercare le migliori materie prime, soprattutto tra i produttori locali. Come ci tiene a precisare, “tutto qui richiama la Romagna”. Ecco che allora anche il crostone con fiori di zucca, stracciatella e filetto di alice all’osteria di confine è un piatto romagnolo doc. “La stracciatella è prodotta dal caseificio Pascoli di Savignano. Mentre l’alice non viene dal mar Cantabrico, ma è un ingrediente locale della marischeria Tosi & Raggini di Cesenatico”. C’è il raviggiolo, ma anche lo squacquerone e il formaggio di fossa. La piadina non è né quella riminese né quella cesenate. “È la vera piadina romagnola di una volta, quella che profuma di farina”, sottolinea Denis.

Il menu è abbastanza ristretto ma cambia di frequente, seppur ci sono piatti irrinunciabili come il tagliere di salumi con il formaggio caffiero e la giardiniera fatta in casa, le tagliatelle, la zuppa inglese o i cappellacci ripieni di patate viola e pecorino, saltati con guanciale e stridoli, “una preparazione che abbiamo da quando abbiamo aperto”, ci ha raccontato Denis.

 

Fritto di Fiori e Foglie di campagna - Osteria di Confine - San Giovanni in Galilea
Fritto di Fiori e Foglie di campagna

È, tra l’altro, una delle ricette a cui è particolarmente affezionato, così come i tortelli verdi di cinghiale. C’è poi il fritto di foglie e fiori di campagna, come l’acacia, il sambuco, la salvia, la borragine, l’ortica e i fiori di zucca, uno dei piatti più amati dalla clientela dell’osteria di confine. Persone che vengono da tutta la Romagna “perché si mangia bene, il posto è bello e noi li coccoliamo”, spiega il titolare. “Quando uno si siede ai nostri tavoli si sente a casa”


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