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A Pennabilli ne “l’Orto dei frutti dimenticati” di Tonino Guerra

l'Orto dei frutti dimenticati di Pennabilli

 

Oggi un’escursione nell’entroterra di Rimini, e più precisamente a Pennabilli, alla scoperta de “L’orto dei frutti dimenticati”. Nato da un’idea di Tonino Guerra, è una sorta di “museo dei sapori”, utile per farci toccare con mano, si fa per dire, alcuni frutti del passato.

Ubicato nel centro storico del paese, in un terreno abbandonato da decenni, l’Orto dei frutti dimenticati è stato realizzato nel 1990 e consiste in un’insieme di alberi da frutto, propri della vegetazione spontanea delle campagne appenniniche che, non essendo più coltivati, vanno via via scomparendo.

Trovate qui svariate specie di mele, pere selvatiche, bacche e frutti di bosco, coltivazioni che la moderna agricoltura ha abbandonato allontanandole quasi anche dalla memoria. Tra i più insoliti: l’Azzeruolo (piccole bacche rosse o gialle con grossi semi e poca polpa dal sapore di mela), la pera Cotogna, la Corniola (una sorta di ciliegia allungata), il Giuggiolo (che produce delle “olive” dolciastre), l’Uva Spina, la Ciliegia Cuccarina, il Biricoccolo (susina blu con la buccia vellutata come quella dell’albicocca).

Chi visita l’Orto può ammirare, al suo interno, alcune altre creazioni artistiche. Si inizia da La Meridiana dell’incontro che permette di “incontrare” l’immagine di Federico Fellini e Giulietta Masina quando, nel pomeriggio, l’ombra di due colombi in bronzo diventa quella dei profili dei due personaggi (omaggio di Tonino Guerra ai due grandi amici scomparsi).

Si prosegue con la “Meridiana umana” in cui la persona sostituendosi allo “gnomone” (l’asticella degli orologi solari), si posiziona al centro del grande quadrante orizzontale per vedere indicata con la propria ombra l’ora solare.

Ecco poi la “Porta delle lumache”, opera del ceramista faentino Aldo Rontini, chiusa nella facciata di una cappella costruita con le pietre di chiese scomparse della Valmarecchia.

Vera meraviglia sono “l’Arco delle favole e il Bosco incantato”, un labirinto dell’anima formato da steli in pietra serena scolpiti con i simboli della pigna e della ghianda, dove si può perdere la memoria e ricordare solo il giorno più bello propria vita. Al centro, una lumaca in bronzo, un invito alla lentezza e alla riflessione. Punto di accesso al bosco è l’“Arco delle favole per gli occhi dell’infanzia”, un arco trionfale rivestito in ceramica multicolore realizzato da Giovanni Urbinati, a sottolineare che si dovrebbe continuare la coltivare, anche da adulti, il bambino che è in noi.

Altro simbolo di grande valore “Il gelso della pace”, albero messo a dimora il 15 giugno 1994 dal XIV Dalai Lama del Tibet, in ricordo della sua visita a Pennabilli in occasione del 250° anniversario della morte di Padre Francesco Orazio Olivieri, missionario cappuccino in Tibet e orientalista pennese.

Infine la fontana “La Voce della foglia”, in cui l’acqua, come linfa, zampilla gorgogliando da una foglia in legno alta tre metri, per ricadere sulla pietra circolare di un vecchio mulino ed essere raccolta da bianchi sassi di fiume.

Merita uno sguardo anche il vecchio lavatoio, un tempo luogo di ritrovo e di lavoro per le donne del paese. Oggi ospita, alle pareti, le dodici targhe in ceramica con ’Le Parole dei mesi’:

GENNAIO coi rumori che lasciano impronte sulla neve
FEBBRAIO i colori dei vestiti che ballano
MARZO i fiori dei mandorli per le api affamate
APRILE con tutta la fantasia che ha sonno
MAGGIO i petali di rosa che ridono
GIUGNO coi piedi scalzi a toccare l’acqua
LUGLIO il sole rovente caduto a terra
AGOSTO col mare dentro agli occhi
SETTEMBRE la musica della pioggia negli orecchi
OTTOBRE i tappeti di foglie secche sotto i piedi
NOVEMBRE con le sciarpe di nebbia attorno al collo
DICEMBRE con le parole delle favole sul fuoco.

A dimostrazione che bellezza e poesia sono ovunque ci si siano occhi e orecchie che la sanno cogliere!


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