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L’ascesa del vino in lattina: un’analisi del mercato e delle sue implicazioni

L’idea di consumare vino da una lattina, come birra o bibite gassate, potrebbe sembrare insolita per alcuni, ma questo trend sta rapidamente prendendo piede a livello globale. L’aumento della popolarità del vino in lattina rappresenta una svolta significativa nel settore? Numerosi studi e dati di mercato suggeriscono una risposta affermativa. Secondo Wine Spectator, citando una importante società di ricerche di mercato, le vendite di vino in lattina nel 2021 hanno raggiunto i 235,7 milioni di dollari negli Stati Uniti, con previsioni di crescita fino a superare i 570 milioni entro il 2028. Mentre l’adozione internazionale, particolarmente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Australia, è significativa, il mercato italiano mostra una certa resistenza, con opinioni divergenti tra consumatori, produttori e associazioni di categoria.

Tuttavia, l’utilizzo di lattine per il vino non è una novità assoluta. Già durante la Prima Guerra Mondiale, l’esercito francese utilizzava lattine di metallo per il vino. Negli anni ’30, la produzione per il mercato di massa iniziò a prendere piede, con la cantina americana Acampo che nel 1936 propose il vino in lattina per la grande distribuzione. Solo in seguito, nel 1996, la tecnologia “Vinsafe” brevettata dalla Barokes Wines australiana risolse definitivamente i problemi di conservazione, garantendo una durata di cinque anni.

L’Italia ha visto l’introduzione del vino in lattina nel 1982, grazie alla Cantina Giacobazzi di Modena, che ottenne l’autorizzazione per contenitori innovativi in alluminio e tetrapak, inizialmente limitata ai vini fermi. L’anno successivo, l’estensione del decreto alle bevande spumanti portò alla nascita del primo Lambrusco in lattina, l'”8 e ½”. Successivamente, altre cantine italiane come Folonari, Cavicchioli e Zai seguirono l’esempio.

I vantaggi del vino in lattina sono molteplici: l’alluminio è completamente riciclabile, riducendo l’impatto ambientale; è pratico e leggero, ideale per l’asporto e il consumo individuale; inoltre, la pandemia ha accentuato la richiesta di soluzioni pratiche ed ecologiche, rendendo il vino in lattina un’opzione particolarmente attraente. Dal punto di vista qualitativo, Wine Spectator e altre riviste di settore hanno assegnato ottimi punteggi a numerosi vini in lattina, spesso caratterizzati da un basso contenuto di solfiti e assenza di sorbato di potassio, come quelli prodotti dalle Cantine Sgarzi Luigi.

Alberto Buratto, co-fondatore della Zai Urban Winery, sottolinea come la sua azienda abbia puntato su vinificazioni innovative e test approfonditi per garantire la qualità del prodotto in lattina, ottenendo risultati paragonabili a quelli in bottiglia, come dimostrato da una degustazione alla cieca. L’obiettivo è di promuovere un’immagine innovativa del vino italiano di qualità.

In definitiva, la scelta tra cavatappi e linguetta dipende dalle preferenze personali, ma l’esperienza dimostra che il vino in lattina offre un’alternativa valida e innovativa, sfidando pregiudizi e aprendo la strada a piacevoli scoperte. Giulia Tellerini.

Redazione

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