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Il declino delle guide gastronomiche? Un’analisi del modello Romagna a Tavola

L’incremento esponenziale delle prenotazioni nei ristoranti e la crescente disponibilità degli chef non si riflettono nelle vendite delle guide gastronomiche. Questo fenomeno solleva interrogativi sul ruolo della critica culinaria in un panorama dominato da recensioni online e gastrotainment. Romagna a Tavola, attiva dal 2012, offre un modello alternativo di successo. Selezionando accuratamente i locali, tramite visite programmate che permettono di valutare la qualità della cucina, del servizio e dell’ambiente, l’associazione garantisce standard elevati. La strategia di Romagna a Tavola coniuga efficacemente strumenti online e cartacei, ottenendo un equilibrio tra costi e profitti. La guida cartacea rimane popolare, distribuita in librerie e oltre mille copie depositate in esercizi commerciali in tutta la Romagna. Un sistema di contributi stampa dai ristoratori inclusi finanzia la produzione delle guide cartacee e di miniguide locali, disponibili anche in formato digitale. Un’iscrizione annuale e un piccolo contributo giornaliero per la presenza online completano il modello economico. Questo approccio integra contenuti web sempre aggiornati (contrapponendosi alla principale criticità del web: l’obsolescenza delle informazioni) con attività sui social, newsletter e materiali cartacei come la Guida Romagna a Tavola e le miniguide di zona. Il lancio nel 2023 del magazine “Solo Buone Notizie”, che documenta le degustazioni del team, amplia ulteriormente la strategia comunicativa. La struttura di Romagna a Tavola comprende redattori, giornalisti, degustatori, grafici, web designer, una segretaria, un fotografo, social media manager, videomaker e programmatori, un gruppo unito dalla passione per la buona cucina. Nonostante alcuni contributi volontari, l’equilibrio economico si attesta intorno ai 60.000-70.000 euro annui. Il presidente dell’associazione, Massimo Marcocchi, sottolinea anni di ricerca per raggiungere una formula che soddisfi ristoratori, recensori e l’associazione stessa. Il drastico calo delle vendite delle guide gastronomiche tradizionali negli ultimi vent’anni, la crescente difficoltà di copertura dei costi elevati di produzione e stampa (una guida gastronomica è una delle pubblicazioni più costose) e la limitata compensazione attraverso la pubblicità e le edizioni digitali rappresentano sfide significative per il settore. Il costo medio di una recensione, basso per i collaboratori esterni, e i costi generali di direzione, redazione e stampa portano a budget considerevoli, difficilmente ripagati dalle vendite. Il caso della cessione della Guida de L’Espresso al gruppo Iervolino evidenzia le difficoltà del settore. Altre guide, come Osterie d’Italia, stanno cercando un rinnovamento strutturale. La crescente influenza delle recensioni online e del gastrotainment, insieme al predominio della “vox populi” filtrata dagli algoritmi, ha ridotto l’importanza delle guide tradizionali. Tuttavia, l’autore ritiene che il giudizio popolare, pur capillare ed economico, abbia limiti significativi, simili a quelli dei televoti, mentre la mancanza di una critica severa genera un’eccessiva autocompiacenza nel settore. L’autore conclude affermando l’importanza cruciale della critica gastronomica e delle guide, sottolineando la necessità di un modello sostenibile. La Michelin, con la sua longevità e la sua strategia di marketing integrata, rappresenta un esempio di successo, avendo saputo integrare la critica tradizionale con strumenti digitali e partnership strategiche, come quella con The Fork e TripAdvisor. Ma anche questo modello presenta sfide legate ai potenziali conflitti d’interesse. L’autore propone infine spunti di riflessione su possibili modelli innovativi, come il coinvolgimento di aziende del settore automobilistico nella creazione di guide integrate nei sistemi di navigazione satellitare.

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