Il “leggero” è sinonimo di sano? Un’analisi critica delle etichette alimentari

Il “leggero” è sinonimo di sano? Un’analisi critica delle etichette alimentari

Spesso, al supermercato, ci affidiamo alle informazioni sulle etichette alimentari, talvolta dettagliate, altre volte vaghe. Ma i cibi definiti “leggeri” sono effettivamente salutari? Un’attenta analisi dell’elenco completo degli ingredienti è fondamentale. Prodotti pubblicizzati come dolci a basso contenuto di zuccheri, latticini senza grassi o snack ipocalorici abbondano, ma l’aspetto nutrizionale reale non sempre corrisponde alle promesse pubblicitarie. Un recente studio americano, basato sull’analisi di 80 milioni di articoli acquistati da oltre 40.000 famiglie e pubblicato sul *Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics*, mette in luce come le etichette “a basso contenuto di…” possano essere fuorvianti. Il consumatore, pur credendo di compiere una scelta salutare, potrebbe in realtà ingannarsi. La ricerca, condotta dall’Università del North Carolina at Chapel Hill, ha rivelato che, tra il 2008 e il 2012, il 13% degli alimenti e il 35% delle bevande acquistate riportavano diciture come “a basso contenuto di…” o “senza…”. Queste affermazioni, però, spesso si riferiscono a un solo nutriente: ad esempio, tre biscotti a ridotto contenuto di grassi possono contenere 4,5 grammi di grassi contro i 7 grammi di una versione standard, ma entrambi potrebbero avere 14 grammi di zuccheri. Similmente, il latte al cioccolato “light” può presentare un contenuto di zuccheri superiore a quello del latte normale, con un apporto calorico e lipidico maggiore rispetto ad altre bevande. A differenza degli Stati Uniti, l’Unione Europea offre maggiori tutele al consumatore. Un regolamento comunitario del 2006 definisce norme precise sulle indicazioni nutrizionali, sulla salute e sulla riduzione del rischio di malattie, stabilendo parametri rigorosi per l’utilizzo della dicitura “a basso contenuto di…”. Sono previsti limiti specifici per calorie, grassi, zuccheri e sodio. In ogni caso, la pubblicità deve essere veritiera, non ambigua né fuorviante, basata su prove scientifiche e facilmente comprensibile. Questa trasparenza non solo protegge i consumatori, ma garantisce anche una concorrenza leale tra le aziende in un mercato sempre più attento alla sicurezza alimentare e al benessere a lungo termine.