La Cucina Italiana è la 1^ al mondo a ottenere questo riconoscimento | L’Unesco ha detto sì: ecco cosa cambia con il Patrimonio

Piatto di pasta al sugo (pexels.com) - romagnaatavola.it

Piatto di pasta al sugo (pexels.com) - romagnaatavola.it

La cucina italiana entra ufficialmente tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità Unesco, prima al mondo ad essere riconosciuta come sistema nella sua interezza

Da oggi la cucina italiana non è solo uno dei simboli più amati del nostro Paese, ma anche un patrimonio culturale immateriale dell’umanità. A deciderlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India. La nostra tradizione gastronomica diventa così la prima cucina al mondo ad essere riconosciuta nella sua interezza, non come singolo piatto o tecnica, ma come sistema complesso di saperi, pratiche, rituali e relazioni sociali che ruotano attorno al cibo.

Secondo il testo approvato dall’Unesco, cucinare “all’italiana” è molto più che preparare un pasto: è una “miscela culturale e sociale di tradizioni culinarie”, un modo per prendersi cura di sé e degli altri, esprimere affetto, preservare le proprie radici e condividere storie. Non sorprende quindi che la notizia sia stata accolta da un lungo applauso in sala e da parole di forte soddisfazione da parte delle istituzioni italiane. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito la cucina italiana “il nostro ambasciatore più formidabile nel mondo”, mentre il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha parlato di un riconoscimento che “celebra la forza della nostra cultura”.

La decisione dell’Unesco: perché la cucina italiana è un patrimonio dell’umanità

Per arrivare a questo risultato, l’Italia ha presentato un dossier di candidatura che è stato valutato insieme ad altri 60 dossier provenienti da 56 Paesi. Il documento, curato dal giurista Pier Luigi Petrillo, descrive la cucina italiana come una pratica quotidiana e al tempo stesso speciale, capace di unire generazioni diverse attorno a un tavolo. L’Unesco ha sottolineato come il cucinare all’italiana favorisca l’inclusione sociale, promuova il benessere e offra un canale costante per l’apprendimento intergenerazionale, rafforzando i legami all’interno delle famiglie e delle comunità.

Nel testo adottato si evidenzia che, per gli italiani, la cucina è un’attività comunitaria che mette al centro l’intimità con il cibo, il rispetto per gli ingredienti e i momenti condivisi attorno alla tavola. Tra gli elementi distintivi viene richiamata anche la tradizione delle ricette anti-spreco, che trasformano gli avanzi in nuovi piatti, e la trasmissione di sapori, abilità e ricordi da una generazione all’altra. L’Unesco insiste inoltre sul carattere multigenerazionale e inclusivo della cucina italiana: i ruoli sono intercambiabili, chiunque può cucinare e partecipare, e le barriere interculturali e intergenerazionali vengono superate proprio grazie al linguaggio universale del cibo.

Il riconoscimento, quindi, non riguarda solo l’eccellenza dei prodotti o la fama internazionale di ricette come la pasta, la pizza o il gelato, ma l’insieme dei gesti quotidiani che vanno dalla scelta degli ingredienti al momento del pasto in famiglia. La cucina italiana viene letta come una narrazione vivente del Paese: attraverso ciò che si prepara e si mangia, le comunità raccontano la propria storia, il rapporto con il territorio, le stagioni, i mestieri e i cambiamenti sociali che hanno attraversato l’Italia negli ultimi decenni.

Pizza Margherita
Pizza margherita (Pexels) – Romagnaatavola

Record agroalimentare per l’Italia e il ruolo delle comunità nella candidatura Unesco

Con l’ingresso della cucina italiana nella Lista dei patrimoni culturali immateriali, l’Italia conquista un nuovo record mondiale nel settore agroalimentare, in proporzione al numero complessivo di riconoscimenti ottenuti. Delle 21 tradizioni italiane oggi iscritte nella lista Unesco, ben 9 sono direttamente collegate all’agroalimentare. Oltre alla cucina italiana nel suo insieme, figurano infatti l’arte dei pizzaiuoli napoletani, la transumanza, la costruzione dei muretti a secco in agricoltura, la coltivazione della vite ad alberello dello zibibbo di Pantelleria, la dieta mediterranea, la cava e cerca del tartufo, il sistema irriguo tradizionale e l’allevamento dei cavalli lipizzani.

L’Unesco ha riconosciuto anche il ruolo fondamentale delle comunità e delle istituzioni culturali che da decenni lavorano per studiare, promuovere e tramandare la cucina italiana. Nel documento vengono citati, tra gli altri, la rivista “La Cucina Italiana”, l’Accademia Italiana della Cucina e la Fondazione Casa Artusi, realtà che hanno contribuito a formalizzare ricette, documentare saperi tradizionali e diffondere una cultura del cibo consapevole, legata al territorio ma aperta al dialogo con il mondo.

La proclamazione di New Delhi non è solo un traguardo simbolico, ma un punto di partenza per nuove iniziative di tutela e valorizzazione. Il riconoscimento Unesco invita a proteggere non soltanto i piatti più celebri, ma anche le piccole tradizioni locali, le cucine di casa, i mercati rionali, le feste di paese e tutte quelle situazioni in cui la cucina continua a essere un luogo di incontro e di costruzione di identità. In questo senso, la cucina italiana si conferma, ancora una volta, uno dei linguaggi più potenti con cui il Paese si racconta al mondo, un patrimonio vivo che appartiene a chi lo pratica ogni giorno, nelle case, nelle trattorie, nei ristoranti e nelle famiglie di ogni regione.