Trent’anni di Slow Food: un viaggio tra gusto e sostenibilità

Il 3 novembre 1987, sulle pagine del supplemento settimanale “Il Gambero Rosso” del quotidiano “Il Manifesto”, faceva la sua comparsa il Manifesto Slow Food. Questa pubblicazione, curata da personalità di spicco come Carlo Petrini e Stefano Bonilli (fondatore del Gambero Rosso), oltre al direttore Valentino Parlato, vantava contributi di illustri intellettuali e personaggi politici, tra cui Dario Fo, Francesco Guccini e Sergio Staino. Da allora, l’espressione “Slow Food”, ideata da Carlo Petrini, fondatore dell’omonimo movimento e contraddistinta dall’iconica chiocciola, ha conosciuto una diffusione globale, parallelamente alla crescita d’importanza del movimento stesso. Inizialmente simbolo di un approccio più rilassato e gioioso alla convivialità, il concetto di Slow Food ha assunto, nel tempo, una prospettiva più ampia, abbracciando la sostenibilità ambientale e la consapevolezza nel consumo. Per molti, Slow Food ha rappresentato un cambiamento radicale nel modo di intendere il cibo, passando da un consumo rapido e superficiale a un’esperienza più armoniosa con i ritmi naturali. Si tratta di una filosofia che trascende il semplice ambito culinario, influenzando aspetti sociali, politici ed economici. L’evoluzione del movimento ha portato, nel 2005, all’adozione dello slogan “Buono, pulito e giusto”, tema centrale del libro che ha inaugurato una nuova visione del sistema agroalimentare, con Carlo Petrini ancora una volta figura cardine e leader riconosciuto a livello internazionale. Il riconoscimento del suo impegno è testimoniato dalla nomina a “Ambasciatore Speciale della FAO in Europa per Fame Zero” nel 2016, e dal premio Campione della Terra dell’UNEP nel 2013. Oggi, Slow Food è molto più di un semplice piacere gastronomico: la priorità è la salvaguardia delle risorse naturali e della biodiversità per garantire un futuro sostenibile al pianeta.