Il sapore dell’infanzia: un’esplorazione della piadina romagnola

Il sapore dell’infanzia: un’esplorazione della piadina romagnola

La piadina: sottile o spessa? Riminese, arrotolata con maestria, o ravennate/forlivese, gustata a bocconi? In realtà, non esiste una versione “migliore”. Come afferma Carla Brigliadori, esperta di cucina di Casa Artusia a Forlimpopoli, il gusto personale prevale: “Ogni individuo ha la sua piadina preferita! La cucina italiana è così, ogni nucleo familiare custodisce la propria ricetta, ritenuta la migliore”. Le varianti derivano dalle origini: nelle campagne, la piadina veniva tagliata a metà, richiedendo quindi uno spessore adeguato. La semplicità e la praticità della piadina romagnola l’hanno resa un apprezzato street food internazionale. Un tempo confinato ai tipici chioschi romagnoli, oggi questo prodotto culinario ha superato i confini regionali, spesso con risultati eccellenti. Ma qual è la ricetta tradizionale di Casa Artusi? Brigliadori spiega: “La nostra preparazione, artigianale e cotta su teglie di Montetiffi, utilizza un tagliere e un mattarello di legno. Impieghiamo farina di tipo 1, richiamando le farine di scarto storicamente utilizzate, strutto di mora romagnola, un pizzico di bicarbonato o lievito (assente nella versione riminese, introdotto negli anni Venti per una maggiore sofficità e conservazione), e sale dolce di Cervia. Lo strutto può essere sostituito con olio extravergine di oliva, riflettendo l’evoluzione delle tradizioni e le personalizzazioni familiari. I nostri corsi propongono entrambe le varianti, presentando la ricetta base. Non utilizziamo latte per evitare di appesantire l’impasto. Gli ingredienti selezionati celebrano le eccellenze locali”. Per chi desidera cimentarsi nella preparazione, la farina di tipo 1 è reperibile presso i mulini, fornai artigianali o negozi di prodotti naturali.