Non chiamatelo piadina: il crescione ha una sua identità e una storia che merita di essere raccontata

Impasto

Impasto base del crescione (Foto di rawpixel.com da Freepik) - Romaganatavola

Il crescione è uno dei piatti simbolo della Romagna, ma quali sono le sue origini? Ecco la sua storia.

Potete chiamarlo cassone, crescione, cascione, ma attenzione: non osate confonderlo con la piadina. Con quest’ultima ha molto in comune, ma ha una sua identità talmente spiccata da averlo consacrato piatto simbolo – tra gli altri – della Romagna.

A Rimini preferiscono chiamarlo Cassone, verso Ravenna Crescione, ma poco cambia: la preparazione è la stessa, cambia solo lo spessore. Nel primo caso, infatti, l’impasto è più sottile e schiacciato, mentre nel secondo è più spesso.  Lo studioso Vittorio Tonelli inoltre ha fatto luce su altre due denominazioni ancora: “guscione” e “calcione”.

In ogni caso, possiamo considerarlo un cugino lontano della piadina, perché con lei condivide la base della preparazione.

Ma da dove arriva questa pietanza così amata in Emilia-Romagna? Ecco la sua storia.

La storia del crescione romagnolo

Per quanto si possano raccontare e tramandare storie e miti su questo alimento, in realtà il nome crescione deriva – banalmente, potremmo dire – dalla sua farcitura più usata, l’erba crescione appunto. Oggi non è tra le più usate, ma un tempo cresceva rigogliosa lungo i fossati e veniva utilizzata per il ripieno insieme ad aglio, cipolla o scalogno (ma questo era personalizzato in base alla zona in cui veniva preparato). All’inizio del secolo scorso, a Bagnacavallo – un comune che oggi conta circa 16.000 abitanti in provincia di Ravenna – venivano riempiti di maccheroni pasticciati e poi distribuiti al popolo dalle confraternite filantropiche durante le festività locali. Negli anni ’50, a San Giuliano – una frazione di Rimini – i pescatori offrivano per strada i cosiddetti casòn riempiti con erbette lesse e pesci fritti.

C’è però da dire che fino alla prima metà del Novecento l’impasto era diverso: si usavano farina di frumento, strutto, sale e acqua. Anche le sue dimensioni erano decisamente superiori rispetto ad oggi: basti pensare che, una volta steso raggiungeva un diametro superiore ai 40 cm (la scelta non era casuale, siccome in quei tempi veniva consumato da famiglie molto numerose). In ogni caso, anche la cottura tradizionale era diversa: si utilizzavano apposite teglie realizzate dagli artigiani di Montetiffi, un piccolo borgo nella provincia di Forlì-Cesena.

Differenze tra crescione e piadina
Crescione e piadina (Foto di KamranAydinov da Freepik)- Romagnaatavola

Il crescione oggi

Come abbiamo anticipato, il crescione è comunque un parente – neanche troppo lontano – della piadina: l’impasto è lo stesso ed entrambi vengono cotti su testo – un tegame piatto, antiaderente, molto usato in Romagna e non solo – o su piastra antiaderente, ma la differenza sostanziale sta nel fatto che il primo necessita di un passaggio in più. Viene infatti farcito e poi uno strato di sfoglia viene ripiegato su sé stesso e sigillato, fino ad ottenere quello che alcuni chiamano un “calzone istantaneo” (in effetti la forma è molto simile al tipico calzone napoletano, con la sua forma a mezzaluna).

In ogni caso, gli ingredienti usati oggi per il ripieno sono tantissimi: spaziano da spinaci a salsiccia, passando per mozzarella e pomodoro, tanto per citarne alcuni.