Ragù alla bolognese vero | Tempi lunghi e soffritto old school: quel passaggio che salva il sugo
Ragù alla bolognese - romagnaatavola.it (Fonte: Pinterest)
Il segreto del vero ragù alla bolognese è nel tempo e nella pazienza: una cottura lenta, un soffritto classico e un equilibrio che si conquista solo aspettando.
Non è un semplice sugo, ma un simbolo della cucina italiana nel mondo. Il ragù alla bolognese autentico, quello custodito dalla tradizione emiliana e codificato anche dall’Accademia Italiana della Cucina, continua a essere oggetto di rispetto e dibattito. Come racconta il Corriere della Sera – Cook, la sua forza non sta nella quantità degli ingredienti, ma nella loro armonia: carne, odori e tempo. Lontano dalle scorciatoie moderne, il vero ragù nasce da una cottura lunga e costante, che trasforma lentamente i sapori in un abbraccio denso e profumato.
È una preparazione che chiede calma e attenzione, e che non ammette fretta. Il suo segreto non è un ingrediente speciale, ma un gesto antico: il soffritto fatto come una volta, con cipolla, sedano e carota tagliati finissimi, lasciati appassire piano, fino a diventare quasi una crema dorata. È lì che comincia il profumo della domenica.
Il soffritto perfetto e il momento giusto per la carne
Il cuore del ragù vero sta nel soffritto. Niente cotture violente o colori bruciati: la base deve “sudare” lentamente, come spiegano i cuochi bolognesi. In quel momento si unisce la carne macinata, in genere un misto di manzo e maiale, che va rosolata con pazienza, fino a perdere l’acqua e prendere sapore. È questo il passaggio che salva il sugo: la carne deve legarsi agli odori, non galleggiare nel liquido. Solo allora si sfuma con vino bianco secco, si lascia evaporare, e si aggiunge il concentrato di pomodoro o la passata, a seconda delle scuole.
Da lì comincia la parte più lunga: la cottura lenta, anche tre ore, a fuoco dolce e con coperchio semiaperto. Ogni tanto una mescolata, un filo d’acqua calda se serve, e tanto tempo. Il profumo che invade la casa è la prova che la magia sta avvenendo. Il ragù non deve bollire, ma bollire piano, diventando via via più cremoso e compatto, con quel colore bruno che racconta il tempo speso bene.

Latte, noce moscata e tagliatelle: i dettagli che fanno la differenza
Verso fine cottura, la tradizione prevede un’aggiunta curiosa: un po’ di latte. Serve a smorzare l’acidità del pomodoro e ad arrotondare i sapori, rendendo il ragù più vellutato. Un pizzico di noce moscata completa l’opera, ma va dosato con mano leggera. A Bologna, lo sanno bene: il ragù non si improvvisa e non tollera eccessi. Ogni gesto ha un ritmo, ogni ingrediente un momento giusto per entrare in scena.
Infine la regola d’oro: niente spaghetti. Il vero ragù alla bolognese sposa solo le tagliatelle all’uovo, ruvide e porose, capaci di trattenere il sugo in ogni piega. È un piatto che parla di casa, di domeniche lente, di padelle che borbottano sul fornello. Una ricetta che, come ricorda il Corriere della Sera – Cook, non si aggiorna: si rispetta. Perché l’unico segreto del ragù è non avere fretta — e lasciare che il tempo faccia il suo lavoro.
